Wu Li, un cinese a Milano

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Da OmniLibri

di Marta Abbà

Autobiografica, con qualche generazione in mezzo, internazionale e cittadina, di “Primavere e autunni” in “Primavere e autunni”, appassiona e sorprende la graphic novel con cui Matteo Demonte racconta la storia del suo nonno materno, Wu Li Shan, arrivato 27enne a Milano nel 1931 da uno sperduto villaggio di montagna della Cina orientale. E poi arrivato in via Canonica dalla Stazione Centrale, passando dalla vendita improvvisata di cravatte al mettersi in proprio con un fiorente laboratorio specializzato nel cuoio.

Pubblicato da Becco Giallo, con quello stile giornalistico più che “fumettoso” che caratterizza questa casa editrice, “Primavere e autunni” di Demonte, realizzato assieme alla moglie Ciaj Rocchi, mescola il cremonese, il milanese e anche tanto cinese a testimoniare anche solo con il melange linguistico come si tratti – e siamo negli anni ’30 – di una storia di immigrazione positiva. Quindi di integrazione. A partire dal matrimonio con la sarta italiana Giulia, matrimonio misto che pone il “problema” dei bambini nati da matrimoni misti, cresciuti come italiani ma privi di cittadinanza. Storia positiva, di un giovane che sceglie l’Italia come luogo per il suo futuro, storia positiva di partite a carte tra milanesi e cinesi allo stesso tavolo, ma anche storia che attraversa la Storia, affatto positiva. Quella della Rivoluzione Maoista che lo allontanerà per sempre dal paese natale, quella di scelte difficili e di scontri culturali, di incomprensioni e spaccature. E poi, tra la sfera strettamente personale del nonno e quella nazionale cinese, c’è Milano. Una Milano che dagli anni ’30 agli anni ’70, arco di tempo coperto nelle 160 pagine del libro, cadenzato decennio per decennio, si trasforma, affronta la sua crescita industriale e i cambiamenti strutturali ed urbanistici di cui ancora oggi si vedono gli assestamenti conseguenti. Demonte la racconta, le da voce, ma le da soprattutto tanti volti, architettonici e artistici, umani e popolari. Volti visti con gli occhi di un giovane cinese che resta incantato da certe vetrine, o dalla mano che bimbo e madre per strada si stringono mentre attraversano una delle tante strade, strano ma vero, trafficate. Un tratto semplice ma che non semplifica né banalizza mai la città, anzi, la coglie appieno, imponente quando lo è, come in stazione Centrale o davanti al Duomo, intima e riservata, come vuole spesso invece apparire. E non ha mai perso il vizio.
Demonte ha raccontato che l’idea iniziale era una animazione: sfogliando “Primavere e autunni” se ne possono scorgere frammenti, con un po’ di fantasia, come in una sorta di slow motion, ma non c’è motivo di cambiare forma a questo volume che con parole e tratti emoziona all’ennesima potenza, in più lingue, su tre livelli, ufficialmente estendendosi “solo” dagli anni Trenta agli inizi degli anni Ottanta, ma raccontando molto anche del nostro presente e del nostro futuro.

LIBRI AMICI  Il fumetto di Chinatown

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